Di Matteo Oberti
La farmacia piace, il prezzo s’aggiusta, l’accordo si conclude e poi, finalmente, si arriva al compromesso. Manca soltanto la firma dal notaio, quando arriva una telefonata con una domanda improponibile…capita anche questo, in una trattativa per la compravendita.
“Le domande non sono mai indiscrete. Le risposte a volte lo sono” disse Lee Van Cleef, il cattivo, nel Film di Sergio Leone del 1966 “Il Buono, il Brutto e il Cattivo”. Ecco un esempio. Renzo, farmacista, informatore scientifico del farmaco, sta per essere incentivato a lasciare la sua ormai ex azienda, e così è alla ricerca di una farmacia, per diventare titolare e cambiare vita. Mi confessò, infatti, che il suo lavoro non era più stimolante, né remunerato e divertente come un tempo; anzi, stava diventando sempre più difficile, incerto e insicuro.
Ero in contatto con Renzo da molti mesi, ma egli, non avendo avuto rassicurazioni circa tempi e modalità di uscita, veniva a vedere tutte le farmacie che gli proponevo senza un’idea precisa. Consapevoli di ciò, abbiamo trascorso molto tempo tra caffè, pranzi e incontri, per conoscerci meglio e capire le sue esigenze. Fu così che quando Lucia ci rinnovò l’incarico, finalmente a un prezzo un po’ più ragionevole, lo chiamai. “Buongiorno Renzo, avrei una farmacia in linea con i suoi parametri di ricerca. Quando possiamo andare a vederla?”. “Caro dottore” mi rispose “sono ormai a spasso da qualche settimana. Andiamo anche domani!”. In men che non si dica organizzai la visita con Lucia della quale non vi ho ancora raccontato.
Lucia è la titolare di una graziosa farmacia rurale acquistata solo alcuni anni prima. Perché allora voleva già vendere? Perché il suo fu un acquisto poco ragionato, fatto in fretta e furia perché, come gli fu detto dall’intermediaria “se non si sbriga la vendo a qualcun’altra”. A Lucia la farmacia era piaciuta fin da subito, ma non aveva avuto il tempo per ponderare con calma il suo acquisto. Passati i tre anni necessari e obbligatori, telefonò in ufficio, per fissare un appuntamento in farmacia. Al primo ci precisò una cifra – folle per i parametri odierni – che richiedeva per riprendersi al 100% quello che era stata “obbligata” a pagare. Ci lasciammo con l’intento reciproco di pensarci su: noi se accettare l’incarico e lei sulle sue intenzioni a vendere.
Dopo alcune settimane decidemmo di rincontrarci e, alla fine, concludemmo per una via di mezzo tra la assurda originale pretesa e il valore di mercato. Passarono settimane e poi mesi di lavoro, ma nulla di interessante saltò fuori: pochi i farmacisti interessati e non a quel prezzo. Si decise allora di vederci per una riunione con tutti: nuovo consulente, titolare, marito e noi. A loro la scelta: affidare ad altri la vendita (a quel prezzo non era nostra intenzione proseguire) o fidarsi di noi (e scendere a un prezzo realistico). Alla fine dopo averci pensato ancora, ci diedero fiducia. E’ a questo punto che entra in scena Renzo.
Quella della visita fu una giornata limpida e tiepida, perfetta per comprare una farmacia! Appena usciti, andammo subito al bar più vicino, per testare a caldo le sensazioni del potenziale acquirente. Renzo mi regalò sorrisi, tanti sorrisi e alla fine esclamò “E’ incredibile, ho visitato farmacie che avevano sempre qualcosa che non mi convinceva, quando non potevo comprare, e oggi che posso non trovo difetti. Ma come ha fatto?”. Risposi sorseggiando l’ultima goccia di caffè: “Nessuna magia, si è risposto da solo. Non potendo comprare trovava difetti un po’ “ingigantiti” dalla situazione, adesso che è più sereno riesce a valutare con più obiettività”. E lui ridendo: “Si diverte anche a fare lo psicologo nel tempo libero?”
I lettori più attenti sicuramente ricorderanno la metodologia del nostro lavoro: 1. primo contatto, 2. acquisizione dell’incarico, 3. selezione dei potenziali acquirenti, 4. visite e trattative e 5. preliminare e atto di vendita. Vi ho raccontato già i primi quattro punti, ora veniamo al quinto.
Proposta di acquisto accettata, preliminare e atto di li a pochi mesi ma che cosa succede? Qualche giorno prima dell’atto Lucia mi chiama per chiedermi di aumentare il prezzo. “Si ricorda quanto l’ho pagata la mia farmacia, vero? Ormai è fatta, non dirà di no, su mi faccia il piacere”. Vorrei sprofondare e mi arrampico sugli specchi per mantenere la calma e non dire quello che penso. Mi limito a replicare: “Dottoressa, se il motivo della nostra telefonata fosse stato l’esatto opposto, ossia una richiesta da parte dell’acquirente di diminuire il prezzo, lei come l’avrebbe presa? Probabilmente mi avrebbe risposto che “pacta sunt servanda”, e che gli accordi presi non si possono cambiare”. Ma si arrabbiò ancor di più. Cercai allora aiuto nel marito e nel commercialista, ma non ci fu nulla da fare, Lucia rimase della sua idea, e cioè che dovevo convincere l’acquirente ad alzare il prezzo a pochi giorni dall’atto. Non me la sentii, non feci mai la telefonata a Renzo perché quando si sottoscrive una proposta di acquisto con deposito a garanzia e un successivo contratto preliminare con caparra confirmatoria le cose non devono più cambiare.
Il giorno dell’atto si respirava un clima da “sfida all’O.K. Corral”. Lucia entrò nello studio del notaio senza proferire parola, e affrontando con decisione il lungo corridoio. I tacchi facevano un rumore particolare sul pavimento e a occhi chiusi sembravano “camperos” in un saloon… Lo sguardo era fisso all’orizzonte e nonostante la statura non fosse “importante” sembrava un gigante. Renzo, dal canto suo, ignaro della richiesta di Lucia, sicuramente non voleva fare la fine “dell’indiano”. Ci sedemmo al mega-tavolo dello studio, e tra clienti, parenti e consulenti eravamo una decina. Io tenevo lo sguardo fisso verso il notaio, nella speranza che, come lo “sceriffo” del west, portasse pace e giustizia. Ma l’ennesimo “colpo di scena” della trattativa mi stupì. Al momento della lettura del prezzo Lucia non disse nulla e la cosa scivolò via come quando il buono del film, ucciso il cattivo, lascia il villaggio e lo si vede andare via a cavallo con in sottofondo la colonna sonora. Come disse Charles Bronson in “C’era una volta il west”: “La calma è la prima qualità per un uomo d’affari”.
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