Intervista a Matteo Oberti
VENDERE… O RIMBOCCARSI LE MANICHE QUALE VALORE PER LE FARMACIE DI OGGI?
di ALESSANDRO FORNARO GIORNALISTA e FARMACISTA
IL MERCATO DELLE FARMACIE È SEMPRE STATO CONNOTATO DA UNA FORTE PECULIARITÀ. NEL CORSO DEGLI ANNI, HA VISSUTO DI REGOLE PROPRIE, SPESSO DIFFERENTI DA QUELLE DEGLI ALTRI SETTORI. FORSE, OGGI LE COSE STANNO CAMBIANDO. L’ULTIMO PERIODO, IN PARTICOLARE, HA VISTO CONCATENARSI UNA SERIE DI ELEMENTI DESTABILIZZANTI, A PARTIRE DALLA CRISI DEI FATTURATI, FINO AL PIÙ RECENTE INGRESSO DEI CAPITALI CHE, DI CERTO, STRAVOLGE LE REGOLE DEL GIOCO. IL TUTTO, DOPO UN LUNGO PERIODO DI CONTINUE MODIFICHE LEGISLATIVE CHE HANNO INTERESSATO IL SETTORE, ACCOMPAGNATE DAI TIMORI, PIÙ O MENO GIUSTIFICATI, CHE TALI MODIFICHE POTESSERO INCIDERE FORTEMENTE A LIVELLO DELLA REDDITIVITÀ DELLE FARMACIE.
FORSE SIAMO AD UNA SVOLTA. DI CERTO, IL PERIODO CHE STIAMO ATTRAVERSANDO, COME TUTTI I MOMENTI DI TRANSIZIONE, È MOLTO DELICATO. ABBIAMO VOLUTO FARE IL PUNTO DELLA SITUAZIONE CON MATTEO OBERTI, DI FARMA-TRADE, REALTÀ SPECIALIZZATA NELLA COMPRAVENDITA DI FARMACIE
Dottor Oberti, un tempo, il valore delle farmacie veniva definito da un parametro molto particolare, ovvero un numero che rappresenta un moltiplicatore del fatturato della specifica farmacia.
Dire “ho acquistato la farmacia a 2.5, per esempio, voleva dire che si il prezzo pagato è stato due volte e mezzo il giro d’affari. Oggi questo parametro è ancora utilizzato o qualcosa è cambiato?
In realtà con una domanda mi pone due quesiti: se è ancora in vigore la metodologia del moltiplicatore del fatturato e poi se quel moltiplicatore è sempre 2.5 In Italia, in generale, e in farmacia, nello specifico, i tempi sono profondamente cambiati negli ultimi anni e da ogni punto di vista: economico, finanziario ma soprattutto politico e per la compravendita di farmacia anche emotivo. Questa metodologia – semplice per cui approssimativa – era figlia di quel tempo, anch’esso facile e spensierato, in cui i prezzi e i fatturati aumentavano senza merito e conoscenza del metodo. Comprare a 2.5 con indebitamenti quasi al 100% (adesso farebbe gridare allo scandalo) era fattibile come ancor più semplice era rivendere dopo pochi anni – realizzando plusvalenze interessanti – e “saltare” in un’altra avventura. Adesso seppur ancora utilizzato, soprattutto dai “nuovi” e inesperti operatori, questo metodo del moltiplicatore sta – giustamente – cadendo in disgrazia perché non corretto e non conforme alle regole economiche della compravendita. Perché due farmacie con stesso fatturato devono avere lo stesso prezzo anche se diversi sono i conti e le partite patrimoniali (importantissime nel subentro quote), la tipologia (rurale o urbana) e, infine, gli utili (di conseguenza anche la velocità di rientro nell’investimento)?
NON SOLO MODIFICHE “SFAVOREVOLI” POSSONO INCIDERE SULLA VALUTAZIONE MA SEMPLICEMENTE “RUMORS”, INDISCREZIONI, IMMAGINARE GLI SCENARI
Noi ormai per ogni farmacia ragioniamo su cinque parametri di valutazione: metodo della pianta organica, metodo del moltiplicatore dell’EBITDA riclassificato, metodo del moltiplicatore del fatturato, metodo patrimoniale misto e infine, il mio preferito, metodo della valutazione degli intangibili. Dall’analisi di tutti e 5 metodi scaturisce il vero e reale valore di mercato della farmacia.
Negli anni, abbiamo assistito a notevoli sbalzi di questo moltiplicatore e, di conseguenza, del valore delle farmacie. Facciamo un breve riassunto dell’andatura del mercato in questi ultimi 20 anni.
Perfetto, anche io prendo sempre come riferimento gli ultimi 20 anni per due motivi: Il primo, abbiamo proprio iniziato nel 1998 la nostra attività, il secondo, prima del 1998 la compravendita di farmacie era a valori poco interessanti sia quantitativamente che qualitativamente, il mercato era poco vivace e i prezzi erano calmierati. Partiamo quindi proprio dal 1998 al Governo, presidente del consiglio Prodi, Ministro della Sanità Bindi: il tasso di sconto (costo del denaro alla fonte) è intorno al 5%. I prezzi delle farmacie erano poco più del giro d’affari (non parlo volutamente di fatturato) ovviamente in lire!
Tra il 1999 e il 2004 (inizia l’epoca dell’Euro) si avvicendano tre governi: D’Alema, Amato e Berlusconi e proprio quest’ultimo modifica il ministero da Sanità a Salute con Sirchia: i tassi scendono intorno al 3%. I prezzi, influenzati anche dall’abolizione dell’imposta sostitutiva al 19%, iniziano l’impennata.
Tra il 2005-2008 (periodo dei Decreti) il governo Berlusconi con Storace ministro della Salute si avvicenda il governo Prodi con Bersani nuovo Ministro dello Sviluppo Economico: i tassi sempre in discesa precipitano a fine 2008 con il fallimento della banca d’affari Americana Lehman Brothers. I prezzi si congelano in attesa dell’evoluzione delle aperture delle parafarmacie.
Tra il 2009 e il 2011 torna al governo Berlusconi (anche ministro dello Sviluppo Economico ad interim) e ministri della Salute Balduzzi e Fazio: tassi sempre in picchiata si attestano intorno al 1.5%. I prezzi tornano a salire e raggiungono i picchi massimi mai raggiunti prima (e per ora mai più replicati) di 2 volte il fatturato con punte a 3 o 4 volte. 2012-2013, governo Monti, decreto Cresci Italia, aperture di nuove farmacie: tassi tra lo 0 e l’1%. Il mercato della compravendita si ferma in attesa dell’evoluzione delle aperture delle nuove farmacie.
Arriviamo ai giorni nostri: 2014-2018 altri tre governi Renzi, Gentiloni e Conte: tassi secchi allo 0%! Le aperture selvagge non ci sono state, delle oltre 5000 nuove farmacie ventilate solo un migliaio è stato aperto e si ipotizza arriveranno al massimo alle 2000 unità. La scorsa estate è diventata Legge anche la 124/17 sulla concorrenza che apre al capitale la proprietà delle farmacie.
I prezzi attuali? Lo spiegherò anche in seguito: personalizzati!
Secondo lei, cosa ha inciso di più nel calo del valore delle farmacie? Il timore di modifiche legislative sfavorevoli al settore o il reale cambiamento della situazione economica delle farmacie?
In parte ho già risposto, rispondendo alla domanda precedente ossia il legame che c’è tra valutazione delle farmacie e politica e non situazione economica del paese. Il reale cambiamento lo si è visto sempre in occasione dei vari decreti: Storace, Bersani, Monti e infine Guidi/Calenda. L’economia non è mai conferente né nel bene né nel male. La farmacia invece, come illustrato nella risposta alla precedente domanda, non fa più solo riferimento al Ministero della
Sanità, ma da qualche legislatura è entrata sotto la sfera d’azione del Ministro dello Sviluppo Economico.
Quindi non solo modifiche “sfavorevoli” possono incidere sulla valutazione ma semplicemente “rumors”, indiscrezioni, immaginare gli scenari, faccio alcuni esempi: il decreto Cresci Italia dapprima con l’ipotesi di 5000 nuove farmacie ha subito stroncato le gambe ai farmacisti e alla valutazione delle farmacie, poi la semplice constatazione che a quel numero di aperture non ci si sarebbe mai arrivati ha fatto tornare l’entusiasmo e risalire i prezzi. Un secondo esempio è la notizia della fuori uscita dei farmaci di classe C dalla farmacia; appena si fa più forte e insistente il mercato della compravendita subisce una contrazione.
PENSANDO AI CAPITALI, SI PENSA ERRONEAMENTE SOLO A GRANDI MULTINAZIONALI O A FONDI DI INVESTIMENTO. IN REALTÀ, L’OBIETTIVO DELLA LEGGE ERA APPUNTO QUELLO DI APRIRE LA PROPRIETÀ A TUTTI I NON LAUREATI
Veniamo ad oggi. Quanto incide l’ingresso dei capitali nella proprietà delle farmacie nel mercato delle compravendite?
Pensando ai capitali si pensa erroneamente solo a grandi multinazionali o a fondi di investimento. In realtà l’obiettivo della legge, peraltro neanche troppo celato visto che si chiama Legge per la Concorrenza, era appunto quello di aprire la proprietà a tutti i non laureati. Infatti a un socio non laureato è anche permesso di essere socio di una sas titolare di una farmacia (banalmente un parente adesso associato può diventare socio effettivo). Va da sé che per la banale legge della domanda e dell’offerta al salire della richiesta di acquisto di un bene dovrebbe contrapporsi un aumento dei prezzi. Circa invece la quota di mercato è ancora presto per dirlo ma non sembrano essere a valori significativi (intesa in termini percentuali sulle compravendite) che resta invece saldamente in mano ai farmacisti singoli, associati o in forma societaria.
I soggetti interessati ad acquistare le farmacie sono molti di più che in passato. Oltre ai singoli titolari e alle società composte da singoli farmacisti che si uniscono per fare fronte comune all’iniziativa imprenditoriale, si affacciano soggetti nuovi per il settore, come, per esempio, i fondi di investimento o grandi compagnie d’affari. Come possiamo descrivere la situazione attuale?
Lo scenario è pazzesco, pensare solo pochi mesi fa che potesse accadere ciò sarebbe stato da visionari. La situazione vede da una parte l’interesse all’acquisto di grandi gruppi di intermediazione del farmaco, oltre che la presenza sul campo di fondi di investimento più incuriositi però dall’apertura del capitale che da una reale volontà (la grande differenza per tali gruppi di investimento è la necessità di acquisirepunti vendita e di non poterli aprire dove si vorrebbe). Dall’altra parte i farmacisti e le farmacie. Creare una catena da 1000 farmacie vuol dire acquistare 1000 farmacie e vuol dire – sembra banale ma non lo è – trovare 1000 farmacie in vendita!
Comprendo che ogni dato risulterebbe sommario, ma se volessimo riassumere il mercato di oggi, a quali numeri possiamo fare riferimento? Abbiamo un parametro per potere indicare quanto valgono le farmacie oggi?
Certo!
Come già accennato per valutare una farmacia facciamo riferimento a cinque nuovi parametri di valutazione: metodo della pianta organica, metodo del moltiplicatore dell’EBITDA riclassificato, metodo del moltiplicatore del fatturato, metodo patrimoniale misto e metodo della valutazione degli intangibili. In poche parole vuol dire che oggi non tutte le farmacie possono essere valutate allo stesso modo e con lo stesso moltiplicatore e anzi il prezzo di ognuna sarà sempre più personalizzato. Questo non vuol dire di meno! Anzi, chi gestisce bene la farmacia, ha un primo margine corretto, non porta a bilancio costi elusivi e chiude con un buon utile, si ritrova, in caso di vendita, a prendere più soldi di prima col vecchio parametro!
LA SITUAZIONE VEDE L’INTERESSE ALL’ACQUISTO DI GRANDI GRUPPI DI INTERMEDIAZIONE DEL FARMACO, OLTRE CHE LA PRESENZA SUL CAMPO DI FONDI DI INVESTIMENTO INCURIOSITI PIÙ DALL’APERTURA DEL CAPITALE CHE DA UNA REALE VOLONTÀ
Quanto incide sul prezzo di vendita la situazione economica della farmacia (indebitamenti, ecc.) e quanto invece le potenzialità di sviluppo? Intendo dire, ha più peso la gestione passata o le prospettive di crescita che ha il nuovo soggetto acquirente?
Bella domanda e non è piaggeria ma – sarà insolito – è raro che me la si ponga e questo fa capire la scarsa preparazione di molti consulenti. I metodi a cui facevo riferimento prima analizzano la farmacia da tutti i punti di vista: reddituale, economico e patrimoniale ma soprattutto potenziale. Ecco perché non si può più valutare una farmacia col vecchio metodo. A parità di fatturato conta molto tutto il resto: location e diretti competitor (pianta organica), utile netto (rientro dell’investimento), potenzialità (storia del marchio, formule, canali esclusivi). Quindi per rispondere: in caso di cessione di azienda e non di acquisto quote il passato (debiti compresi) non interessano a meno che non abbiano causato problemi di dissesto al bilancio o abbiano limitato lo sviluppo per mancanza di risorse. Sicuramente hanno più importanza le potenzialità e le prospettive di crescita perché come diceva Clive Staples Lewis “Davanti a noi stanno cose migliori di quelle che ci siamo lasciati alle spalle”.
Dopo avere fatto il punto dell’evoluzione del settore e della situazione attuale, sono certo che i nostri lettori si aspettano che lei entri nel merito di due aspetti fondamentali. Il primo riguarda la previsione.
Come pensa che evolverà il settore nel breve e nel medio termine?
Credo fortemente nella farmacia, da farmacista e da ex titolare. Credo ancor di più nel sindacato e nelle associazioni di categoria, se gestite con intelligenza e lungimiranza, per cercare di rendere il più coesa possibile una categoria storicamente disunita. Ripeto: le società di capitale non potranno creare catene (faccio sempre l’esempio dell’Ikea) di punti vendita aprendoli, qua e là, ma dovranno acquistare farmacie e trovare farmacisti interessati a vendere a loro la farmacia. Abbiamo già rilevato che molti farmacisti interessati alla vendita ci chiedono espressamente di cedere ad
altri farmacisti e non a fondi o gruppi. L’evoluzione potrebbe portarci a questo scenario: alcune piccole catene in giro per le regioni sparse per l’Italia di proprietà varie, gruppi di farmacisti, distributori o fondi. Poi in un futuro un grande operatore, ricco e qualificato, con facilità perché rilevando catene già formate e costituite in srl, potrà creare la famosa super catena o rete delle reti. Il mercato della compravendita non sarà più lo stesso, pigro e sonnacchioso di un tempo, ma allegro e vivace con una fetta presente e costante di farmacie in turnover.
La seconda domanda che non posso non farle concerne un suo consiglio qualificato. Cosa suggerirebbe ad una farmacia, mettiamo di medie dimensioni, sana dal punto di visto economico, ovvero senza una situazione debitoria importante, che stesse valutando se vendere oggi o aspettare tempi migliori? In altre parole, il mercato lo vede fermo o in crescita?
Dalla evoluzione dei prezzi che ho raccontato le valutazioni non potranno più raggiungere i valori generalizzati di un tempo, ma attenzione, questo non vuol dire che la farmacia dell’esempio non possa valere di più oggi di qualche anno fa. Certo stare dietro al bancone non è più facile come prima, burocrazia, gestione degli acquisti, aggiornamenti, gestione del personale, concorrenza, internet, clientela sempre più preparata e difficile. Le farmacie singole o a gestione familiare devono puntare solo ed esclusivamente sulla professionalità, il consiglio, l’attenzione al cliente (come ripetono un po’ tutti) ma aggiungo anche alla comunicazione in farmacia e sui social, alla valorizzazione (anche economica) del personale, al merchandising e all’assortimento dei prodotti e infine che nessuno si suicidi con sconti esagerati, lasciamoli alle “catene”. Quindi adesso alla domanda “se vendere oggi” è facilissimo rispondere: SI, bisogna vendere immediatamente se non si hanno più stimoli e voglia di lavorare (non mi si fraintenda, si è sempre lavorato, ma adesso l’accezione è quella di fare budget quotidiani!) se NO, rimbocchiamoci le maniche, davanti a noi si stanno aprendo scenari fantastici, stimolanti e coinvolgenti per chi ha voglia di confrontarsi con il resto del mondo. A voi la scelta!
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