Il mio articolo pubblicato sul Magazine Farmamese – Marzo 2018
Ecco un titolo che non c’entra niente con l’articolo, ma è un debito, e come tale va pagato. In realtà parliamo delle società di capitali che stanno allungando le mani sulle nostre aziende. In gioco non soltanto c’è un bel business, ma anche grandi vantaggi di ordine fiscale.
“Dottor Oberti, sa qual è il trucco delle società di capitale? Che non pagheranno tasse, perché creando la sede in paradisi fiscali, scaricheranno là gli utili e in Italia soltanto le briciole!” Così mi spiega uno dei tanti “consulenti” che di questi tempi, spacciandosi per “emissari” di fondi di investimento – prima americani, poi svizzeri e infine lussemburghesi – chiamano in continuazione i nostri centralini dell’ufficio per avere informazioni sulle farmacie in vendita. Ma per tutti la risposta è la stessa. “Mi dispiace, non abbiamo in portafoglio farmacie per voi. Abbiamo promesso ai titolari che ci hanno conferito l’incarico di vendere solamente a farmacisti!”.
Però, questa storia delle tasse mi incuriosisce parecchio e così mi informo meglio, sentendo un amico “esperto” in finanza d’impresa e fiscalità internazionale, ragion per cui non può esserlo anche di farmacie. Quando gli spiego il mio dubbio scoppia a ridere. “Matteo, hai scoperto l’acqua calda, sei proprio un farmacista!”. “Ma no – ribatto io – che acqua calda? I farmacisti italiani (intesi come titolari di farmacia) sono in classifica tra le prime categorie sia come reddito dichiarato, sia come aderenza fiscale (ossia sono tra i contribuenti più corretti). Quindi lo Stato Italiano ha sempre avuto dalla nostra categoria (in qualità di ex titolare mi sento sempre all’interno della farmacia) un gettito assicurato ed elevatissimo; e adesso?”. Conclude così: “Va beh, adesso non esagerare, non succederà mica tutto d’un colpo, prima che creino società, incarichino advisor per effettuare le due-diligence, incomincino con start-up, poi newco passeranno anni”. “Ma insomma, parla come mangi – ribatto – basta tutti ‘sti inglesismi. E poi altro che anni: sembra che ne abbiamo acquistate già un sacco, di farmacie!” Mi fa l’ultima risata e poi cambiamo discorso commentando le formazioni del calcetto del giovedì sera!
Però i dubbi mi rimangono, e per risolverli chiamo in banca un amico fidato, che spazia da Londra a New York a Hong Kong. Mi conferma che tutto è possibile “se una società di capitale “italiana” mette a bilancio “royalties” (le cosiddette “ottimizzazioni”) per una società collegata con sede nei paradisi fiscali (e non si pensi a spiagge tropicali con palme e sabbia dorata)”. Anche in Europa ve ne sono parecchi, e così “queste società pagano le tasse in quei Paesi, azzerando gli utili e, di conseguenza, azzerando le tasse sul reddito in Italia. Ah, un’altra cosa. Una volta che questa società di capitali cresce di fatturato e arriva a centinaia di milioni di euro e centinaia, se non migliaia, di dipendenti, va in trattativa e contenzioso diretto con l’Agenzia delle Entrate e transa con lo Stato a prezzi stracciati!”.
Tutto vero allora e ancora, ahimè, più vero il mio sillogismo di prima, ossia che la categoria dei farmacisti sempre in testa nelle classifiche, rischi di concludere tra un po’ tra gli ultimi! “Cornuti e mazziati” però penso perché gli attuali titolari di ditta individuale – in primis i rurali – continueranno a essere tartassati come sempre, ma alla categoria sarà rimproverata, a causa delle grandi società di capitale, una peggiore adesione fiscale media!
No, non è possibile! Arrabbiato telefono a un cliente farmacista “venditore” della sua farmacia urbana, nonché consigliere di categoria e gli espongo il problema. Risposta: “Matteo, amico mio, hai centrato il problema ed è proprio per questo che abbiamo deciso, la mia famiglia e io, di cedere la farmacia. Tu ben sai che non abbiamo laureati alla prossima generazione, ma con la nuova legge non avremmo avuto problemi a inserire non laureati all’interno della proprietà della farmacia. La nostra è propria una scelta di “voltar pagina”, cambiar settore, con meno “elucubrazioni”. Lo interrompo: “In che senso? Meno burocrazia, meno concorrenza lo capisco, ma cosa intendi per meno “elucubrazioni?”. Anche lui ride (ma cos’è ‘sta storia che faccio ridere tutti i miei interlocutori?) Riprende il discorso: “Con elucubrazioni intendo il continuo ragionamento finalizzato a migliorare la farmacia, quotidianamente se non perennemente, a ogni azione. Ti faccio alcuni esempi. Non so gli altri tuoi clienti, ma noi ottimizziamo tutte le spese perché sono diminuiti gli incassi, ottimizziamo gli acquisti perché sono aumentate le spese, ottimizziamo le risorse avendo aumentato l’orario”. “Insomma – lo interrompo – quando arrivate a casa alla sera la testa vi fuma” e così, scherzando, terminiamo la chiacchierata.
Non contento, faccio un’altra telefonata, questa volta a una potenziale acquirente e a lei pongo la stessa domanda: “perché acquistare in questo momento?”. La sua risposta è di una semplicità disarmante: “perché prima da sola non riuscivo a comprare una farmacia se non con indebitamenti folli, adesso posso prenderla in società con mio suocero (che lascerà le sue quote ai nipoti ossia ai miei figli; se no i nonni a che servono?)”. E poi, sollecitata sulle società di capitale, così commenta “l’azienda della famiglia di mio marito è in un settore altamente competitivo e da sempre liberalizzato; a queste cose loro sono abituati e non li spaventano, anzi sono di stimolo”.
Bene, finalmente una lettura diversa del momento storico. Più ottimista provo a fare ancora un’altra telefonata: “Ciao Angelo, come stai?”, “Belin Matteo, mi avevi promesso che mi intitolavi il prossimo articolo!”. “Certo, se Lorenzo (Verlato, ndr) è d’accordo!”. Angelo, appunto, che non è un nome di fantasia ma il vero nome di battesimo di un giovane e brillante farmacista che ha appena acquistato una bella, storica e centrale farmacia urbana. “Allora Angelo come va? Sei contento?”. “Ma che domande, certo, è quella che volevo: posto giusto, persone giuste, trattativa seria che è filata liscia come l’olio, nessun intoppo o sorpresa dell’ultimo minuto. Ma d’altronde con te ero sicuro, siete bravi……se solo non foste così cari!”
Sono indeciso, taglio l’ultimo commento e non lo pubblico? Ma no, lo lascio, perché in fondo è vero. Più cari, più bravi! Come riassume Oscar Wilde “L’esperienza è una cosa che non puoi avere gratis!”
Link al numero di Marzo 2018 di Farmamese: http://www.farmamese.it/data/pdf/Farmamese_3-2018.pdf
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